Dopo
Firenze
Invisibilità del femminismo
di Paola Melchiori

Ognuno vorrebbe essere e sentirsi parte piena di quellincontro
di lingue, correnti di pensiero, scambi di idee, proposte, che è
stato il FSE, per non parlare poi della manifestazione, tanto più
che mai come questa volta, e finalmente, il messaggio di non violenza
e volontà costruttiva è stato così limpido. Sono
stata molto contenta, dopo Firenze, (se non fossi poi piombata troppo
presto nella percezione della sproporzione dei nostri "poteri".
Torno dagli USA, dove è stata estesa da qualche giorno anche ai
cittadini americani la legge secondo la quale si puo tenere in prigione
una persona per giorni 272 senza che possa telefonare ad alcuno e senza
che gli sia notificato il perché. Qui sappiamo cosa sta succedendo.
Si stanno muovendo i primi passi verso qualcosa del genere). Ma
non è questa la ragione più profonda della difficoltà
delle contentezza, dell esitazione che la percorre.
Partecipo
da molto tempo al lavoro di elaborazione e scambio che è finalmente
diventato massa e visibilità e che, è bene ricordarlo, è
iniziato almeno da una ventina danni. Da Seattle in poi ho sempre
pensato che questo è il nuovo orizzonte e il solo che abbiamo intorno
e nel futuro. Partecipo da ex sessantottina non pentita e da femminista,
sapendo che il nostro movimento di donne ha pescato troppo a fondo
negli equilibri dellessere umano per poter diventare, per quanto
si sia esteso moltissimo, altrettanto popolare. Ci vado però
con la malinconia di chi ha percepito, proprio man mano che il movimento
si estendeva, tanto il desiderio di condivisione quanto la leggera estraneità
di chi vede ancora una volta sparire dei contenuti che proprio in quella
sede potrebbero e dovrebbero avere spazio e senso senza doversi aprire
un varco a fatica. E sente che deve offuscare con un pezzo
di estraneità anche uno tra i pochi momenti in cui si raggiungono
obbiettivi preparati con anni di lavoro. Potremmo dire che molti contenuti,
molte modalità di organizzazione sono fortunatamente diventati
parte di un modo più generale di lavorare e di dibattere. Il movimento
dei movimenti è oggi un movimento propositivo, che in gran parte
rifiuta ormai con calma decisione la violenza, che si propone alternative
e proposte, che pratica una democrazia diffusa e dal basso capace di tenere
insieme grandi diversità. Un movimento che sta integrando sempre
più attitudini fondamentali come una ricerca attiva e vera e pratica
dell'idea di una attenzione al futuro, di uno sviluppo in cui la sostenibilità
implica in primo luogo l' integrazione delle responsabilità necessarie
e del senso del limite.
Avendo
preparato con altre un workshop di donne, di femministe, sia a Porto Alegre
che a Firenze, non è, non è stata la pur ridicola presenza
numerica di donne in posizione di visibilità e di propositività
sia a Porto Alegre che a Firenze (tecnicamente: nelle numerosissime plenarie.)
a turbarmi. E piuttosto linvisibilità, la irrilevanza
di una analisi o quantomeno della percezione della sua necessità
che mi ha turbato. Il femminismo è ancora molto poco visibile,
ma ripeto non solo perché a poche donne è data parola autorevole.
Lo è perché non cè nelle analisi e nelle pratiche
lì prevalenti. Penso che noi femministe, che abbiamo cambiato noi
stesse, la percezione della nostra condizione e insieme reso visibile
degli aspetti occulti e attivi nel tessuto sociale, abbiamo in quel movimento
uno spazio fondamentale da coprire, potrei dire che è lo spazio
di una antropologia e di una proposta più profonda di democrazia.
Mettere la relazione tra i sessi al fondo e al centro della politica non
è una cosa facile, neanche noi spesso riusciamo a rendere visibili
nessi occulti occultati e confusi con la naturalità di meccanismi
che naturali non sono. Ma questi nessi analitici sono fondamentali per
capire molte delle cose di cui si parla al FSE: fenomeni come il militarismo,
la cecità dei poteri alle conseguenze delle loro scelte, lavidità,
la perseveranza nellautodistruzione di una civiltà intera.
Non possiamo confonderci oltre un certo limite con un movimento che amiamo
senza perdere anche un lavoro di anni. Non possiamo fare della
presenza delle donne di nuovo la questione femminile, uno dei capitoli
sociali del movimento. Se è vero che le donne sono nella globalizzazione
le più povere e le più colpite, è assolutamente necessario
che vediamo le proposte fin qui da loro fatte. Sono proposte di analisi
che ridefiniscono il terreno di lavoro e le pratiche organizzative. Di
momenti meno formali e piu di discussione ce nè un bisogno
estremo nei Social forum, a Firenze come a Porto Alegre. Perché
la forma organizzativa oggi in uso, che pure è una conquista, permette
la convivenza delle diversità ma non permette una interazione a
fondo, una articolazione conflittuale e di confronto, è un momento
dimostrativo e poco elaborativo. Quello cui dobbiamo lavorare è
a un contributo sostanziale alla visione delle cose e alla concezione
della democrazia ancora tutto da costruire.
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